venerdì 14 agosto 2015

WOODSTOCK - Tre giorni di pace, amore e musica - Michael Wadleigh (1970)

Titolo originale: Woodstock
Regia: Michael Wadleigh
Con: Jimi Hendrix, The Who, Janis Joplin, Canned Heat, Joe Cocker, Santana
Durata: 184 min
Paese: USA    
Voto globale: **** 1/2
Voto categ. (document.): *****!



15, 16 e 17 Agosto 1969. Bethel, piccola cittadina dello stato di New York a pochi chilometri da Woodstock. Un gruppo di organizzatori mette su un festival destinato a cambiare la cultura pop e del rock n' roll. Un evento oceanico a cui in teoria avrebbero dovuto partecipare solo 50.000 persone ma che vede alla fine l'arrivo di quasi un milione di spettatori e 32 band ed artisti di successo. Oltre ovviamente alla presenza di generose quantità di lsd, cannabis, acidi e altro. Un festival che si propone di andare al di là di un semplice ritrovo musicale e di essere invece una vera e propria rottura con le generazioni del passato, una nuova fase nella storia della convivenza tra le persone nonché il vero manifesto della utopistica, ingenua e spensierata stagione hippy e dei figli dei fiori.


Se è vero che il documentario è la rappresentazione fedele in immagini di ciò che è accaduto in un dato momento e luogo, allora quale migliore occasione per un documentario sul leggendario festival di Woodstock? Oramai entrato nell'immaginario collettivo come esempio di evento musicale esagerato e senza limiti oltre che ritrovo di una gioventù che potrebbe essere considerata in fondo, “allo sbando”. Ma siamo sicuri che ne sia esistita una che non lo fosse? Ottimo questo lavoro di Michael Wadleigh, a cui partecipa in aiuto regia Martin Scorsese, che è praticamente contemporaneo al festival essendo stato realizzato l'anno seguente. Un bel ritratto di quei giorni sicuramente folli e confusionari, eppure coerenti con gli ideali che ci si era prefissi di ottenere. Quello che stupisce è che nonostante la massiccia presenza di allegri fattoni, personaggi strambi, insegnanti di yoga ma anche tanti semplici ragazzi che fanno la fila per una telefonata rassicurante alla mamma, ci sia comunque un reale clima pacifico e disteso. Si avverte una vera e propria comunità che convive senza attriti e tensioni e questo è davvero soprendente visto le misure di sicurezza che al giorno d'oggi sarebbero purtroppo inevitabili e necessarie per organizzare anche eventi di più modesta portata e diffusione. Intenerisce lo speaker che al microfono informa che “c'è in giro un acido dannoso al colore di caffè ma che non è avvelenato, è solo tagliato male e chi se la sente di provare può al massimo prendere mezza pasticca”. Oppure le raccomandazioni sul coprirsi per bene in vista di una breve ma intensa pioggia che si abbattè sul festival il 17 Agosto. Fa sorridere quando uno dei partecipanti fa riferimento a degli elicotteri che avrebbero contaminato le nuvole e manipolato il clima in modo da far piovere. C'erano le scie chimiche a Woodstock? O era solo il delirio di un allucinato? È bello il fatto di non poterlo sapere.


Se esistesse una macchina del tempo una capatina a Woodstock in quei giorni del 1969 sarebbe sicuramente obbligata. Molto efficace l'alternanza tra il tanto tempo lasciato alla musica (e c'è una qualità e varietà incredibile tra gli Who, Hendrix, Joan Baez, Canned Heat, Santana, Jefferson Airplane, Joe Cocker e molti altri) e quello dedicato a momenti curiosi, aneddoti ed interviste al pubblico e agli entusiasti organizzatori, che erano consci delle gravi perdite e del fallimento finanziario del festival eppure ne parlavano con un sorriso sincero. I Beatles non parteciparono perché Lennon pose la condizione di far esibire la Plastic Ono Band che fu invece scartata. E meno male.

martedì 11 agosto 2015

SEVEN - David Fincher (1995)

Titolo originale: Se7en
Regia: David Fincher
Con: Morgan Freeman, Brad Pitt, Gwyneth Paltrow, R. Lee Ermey, Richard Roundtree
Durata: 122 min
Paese: USA    
Voto globale: **** 1/2
Voto categ. (thriller): *****

In una città piena di degrado e violenza due detective vengono affiancati ed iniziano ad occuparsi di un caso molto particolare. Il primo è Somerset, nella polizia da una vita e pronto all'imminente pensione, uomo di cultura, saggio ma anche disilluso e pieno di amarezza per un mondo che va nella direzione sbagliata. Il secondo è Mills, giovane ed esuberante, in servizio da pochi anni e mosso da azioni più istintive e dirette. I due si conoscono in occasione del ritrovamento del cadavere di un uomo obeso che si crede morto per cause naturali e che invece si scopre essere il primo di una serie di omicidi collegati. Dapprima ostili e diffidenti a vicenda, Mills e Somerset iniziano a collaborare.

Fincher realizza un film che ha svariati meriti e davvero pochi difetti. Il complimento più grande che si potrebbe fare a Seven è il fatto di avere uno stile. Concetto che dovrebbe essere più o meno fondamentale e che invece nella stragrande maggioranza dei casi viene disatteso. Seven ha stile, uno stile preciso che risalta in ogni aspetto: regia, fotografia, dialoghi, atmosfere. Tutto segue una direzione precisa, egregiamente orchestrata. Una sceneggiatura ben costruita e personaggi ben caratterizzati, seppur forse un po' stereotipati, ci guidano lungo una serie di omicidi mossi da una sorta di vendetta morale e architettati da un killer spietato e crudele ma anche colto e raffinato. Tanta riflessione, indizi su indizi, deduzioni e anche una buona dose d'azione ben inserita e giustificata nel contesto fanno sì che Seven si snodi senza intoppi per tutta la sua durata. Sempre presente una atmosfera cupa, grigia, pioviggionosa e senza scampo nella quale si aggirano personaggi loschi. Perfino le figure dei due detective, che in teoria dovrebbero essere positive, sembrano portare il peso di un male insopportabile. Regia eccellente e fotografia ottima, che fa continuo ricorso a luci diegetiche, andando ad illuminare ogni possibile angolo della scenografia. Scelta poco realistica ma d'effetto. Super cast con Morgan Freeman, Brad Pitt e Gwyneth Paltrow.


Seven si è giustamente ritagliato un posto d'onore nel genere thriller/poliziesco e i suoi schemi sono stati riproposti svariate volte in film venuti successivamente. La pellicola riesce a coinvolgere fin da subito ed attira e tiene alta l'attenzione grazie al fatto che una volta capita la logica che sta dietro agli omicidi essi diventeranno sempre più attesi ed inevitabili. Ruolo del killer affidato ad un grande nome che chiese espressamente di non comparire nei titoli di testa al fine di soprendere del tutto il pubblico. Ed è infatti una scelta ottima, visto l'effetto notevole. Davvero ben fatta la scena della biblioteca sulle note di Bach. Finale incredibile e di grande impatto, senza speranza e che lascia davvero di sasso. C'è da dire però che al di là delle grandi interpretazioni e degli ottimi meriti tecnici c'è anche qualche difetto qua e là, in particolare il modo in cui Somerset e Mills riescono a risalire all'abitazione del killer, davvero poco credibile. Questo nega la cinque stelle ad un film che va comunque assolutamente visto e che può di sicuro essere considerato un cult. Ottimo!

venerdì 31 luglio 2015

TORNO INDIETRO E CAMBIO VITA - Carlo Vanzina (2015)

Titolo originale: Torno Indietro E Cambio Vita
Regia: Carlo Vanzina
Con: Raoul Bova, Ricky Memphis, Giulia Michelini, Max Tortora, Michela Andreozzi
Durata: 95 min
Paese: ITA    
Voto globale: **
Voto categ. (Comm. Ita '10): **

Marco e Claudio, entrambi poco più che quarantenni, sono amici sin dai tempi della scuola. Il primo vive da molti anni un matrimonio apparentemente felice con Giulia, conosciuta al liceo. Il secondo è scapolo e vive con la madre alcoolista. Una sera Marco viene a sapere, proprio dalla moglie, che lei ha un amante e che è infelice a causa delle scarse attenzioni ricevute. Confidandosi con Claudio, Marco immagina di poter aver la possibilità di tornare al passato per non commettere l'errore di innamorarsi di Giulia. Proprio quando questo desiderio irrealizzabile è destinato a rimanere solo una fantasia, i due vengono investiti da un'auto e perdono conoscenza. Al risveglio si ritrovano nel cortile del loro liceo nell'anno 1990.

Film leggero che si inserisce nel filone di commedie italiane con protagonisti adulti che in un modo o nell'altro si trovano a rivivere dinamiche adolescenziali e crisi d'identità. Qui la particolarità, almeno per il panorama italiano e per il genere, è l'insolito viaggio nel tempo – a dir la verità, casuale e abbozzato malamente – che fornisce però l'occasione per leggeri spunti di riflessione sui tempi che cambiano nonché una costante nostalgia di fondo. Questo perché Torno indietro e cambio vita tratta dei tempi della scuola, delle prime cotte e delle relative insicurezze tutto rivisto con gli occhi due adulti fatti e finiti, Raoul Bova, nel solito ruolo del bello e incompreso e Ricky Memphis, in quello congeniale del personaggio spalla più genuino e schietto. A differenza del film culto sui viaggi nel tempo per antonomasia, Ritorno Al Futuro, e dell'ottimo e nostrano Non ci resta che piangere, in questa storia non ci si pone nessun problema etico nell'agire sugli eventi del passato per modificare il futuro, come se tutto l'universo ruotasse intorno alle vite di Marco e Claudio e le loro azioni non avessero effetti anche sugli altri. I due protagonisti, tra l'altro, ritornano al 1990 senza imbattersi nei loro se stessi del passato in quanto vi si sostituiscono. Allo spettatore e tra loro appariranno con le sembianze del 2015, mentre tutti gli altri personaggi dell'epoca li vedranno con le fattezze di normali diciottenni. Inizio farraginoso con scene collegate in maniera non certo perfetta. Carlo Vanzina in regia che fa il compito e basta. Prove attoriali non eccelse, con qualche eccezione. Max Tortora strappa più di una risata qua e là.


Non male l'idea di riprende il tema del viaggio temporale e riadattarlo in un contesto che tuttosommato potremmo definire di crisi matrimoniale. Quello che non va è il modo in cui tutto questo è stato realizzato. Bova e Memphis vengono trasportati indietro di 25 anni semplicemente subendo un incidente d'auto, a cui segue una ridicola scena al rallentatore in cui i due fluttuano in quello che dovrebbe essere un vortice spazio-tempo. Non si capisce come mai Raoul Bova, invece di allontanare sospetti e domande scomode faccia di tutto, e fin dall'inizio, per sbandierare ai quattro venti di essere in realtà un quarantenne nel corpo di un liceale invece che assecondare tutti, stare al gioco e capire come tornare al futuro. Memphis, a differenza dell'almanacco sportivo del film di Robert Zemeckis si porrà molti meno scrupoli. Un finale molto meno banale di quello che ci si poteva aspettare.

venerdì 17 luglio 2015

L'ESORCISTA - William Friedkin (1973)

Titolo originale: The Exorcist
Regia: William Friedkin
Con: Linda Blair, Ellen Burstyn, Jason Miller, Max von Sydow, Lee J. Cobb
Durata: 122 min; 132 min (integrale)
Paese: USA    
Voto globale: ****
Voto categ. (horror): **** 1/2 

Nel corso di alcuni scavi archeologici nell'Iraq del Nord un anziano sarcedote cattolico rinviene un'antica statua raffigurante il demone assiro-babilonese Pazuzu. A Washington Chris McNeil è un'attrice affermata che vive insieme alla figlia Regan, che festeggia il compleanno senza ricevere gli auguri del padre, trasferitosi da tempo in Europa. La ragazzina da sempre felice e solare, assume comportamenti anomali. Parla di Capitan Gaio, un presunto amico immaginario, si pone male con gli sconosciuti e la madre Chris inizia a sentire strani rumori in soffitta. Le cose peggiorano quando assurdi fenomeni avvengono nella stanza della piccola. La scienza sembra non dare risposte in merito.


Se si chiedesse ad un campione di 100 persone il titolo del primo film horror che possa venire in mente, di certo un buon 50% risponderà “L'Esorcista”. Questo perché, nel bene o nel male, al netto dei grandi pregi e dei difetti presenti, il film di Friedkin resta un qualcosa a cui è difficile restare indifferenti. Stiamo pur sempre parlando di una pellicola la cui visione, al tempo dell'uscita nelle sale, era accompagnata da presidi di pronto soccorso fuori dai cinema per non essere colti impreparati dai ripetuti episodi di convulsioni e svenimenti che si verificavano tra il pubblico. Di certo, reazioni eccessive per quello che resta comunque un film: pura finzione. Eppure capibili visto che, rispetto agli anni '70, siamo attualmente molto desinsibilizzati rispetto all'orrore e alle visioni disturbanti. Un titolo giusto, L'Esorcista e non L'Esorcismo, visto che la vera figura chiave della storia è Padre Karras, un giovane gesuita con approfondite conoscenze mediche e psichiatriche che affronta una dura crisi di fede. Il film è pervaso da un atmosfera cupa per tutta la durata, e non potrebbe essere altrimenti dato che ciò che è mostrato è l'insinuarsi del male assoluto in un ambiente, se vogliamo, tutto sommato felice, nonostante sullo sfondo resti un contesto familiare problematico. La sceneggiatura è costruita sapientemente, all'insegna della gradualità: gradualità nell'aggravarsi dei sintomi di Regan, che passerà da atteggiamenti maleducati a vere e proprie manifestazioni demoniache e blasfeme. Una fotografia all'altezza, attori tutti ottimi e costretti a recitare ruoli non facili, regia elegante e sicura di Friedkin che subentrò al timone dopo le rinunce eccellenti di Kubrick e Nichols.


L'Esorcista è un film iconico, che ha tutta la sua forza nel visivo: la statua di Pazuzu, gli esorcisti con le loro vesti, la croce, la bibbia, il letto della posseduta. Senza tralasciare le scene cult, che sono tante e tutte studiate con l'unico scopo di scioccare. Allo stesso tempo però, accanto alla drammaticità e all'orrore, non si può non notare un possibile e del tutto involontario effetto divertente di alcuni frangenti, quelli della Regan più “sboccata”. Il tono del film è subito ripreso da momenti più suggestivi, come quelli in cui il demonio si rivolge a Karras attraverso la voce di sua madre! Un po' di sangue, molta blasfemia, insulti e parolacce, messaggi subliminali (neanche tanto subliminali) sovraimpressi su pellicola. Linda Blair deve essersi proprio divertita a fare l'invasata. Imperfetto ma promosso e da vedere. Cult.

venerdì 10 luglio 2015

INTERSTELLAR - Christopher Nolan (2015)

Titolo originale: Interstellar
Regia: Christopher Nolan
Con: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine, John Lithgow
Durata: 169 min
Paese: USA    
Voto globale: ** 1/2
Voto categ. (fantascienza): *** 1/2 

Nel 2067, la Terra è al collasso. Tempeste di sabbia e carestie mettono in ginocchio la popolazione mondiale, ormai destinata ad un triste destino. Bisogna abbandonare il piccolo punto nell'universo che ha ospitato la vita e cercare di trovarne uno nuovo, nel buio immenso dello spazio aperto. L'ex pilota Cooper scopre insieme alla figlia una base super segreta della NASA e apprende della missione “Lazarus”, guidata dal professor John Brand, sua vecchia conoscenza, che negli anni ha spedito ben 12 coraggiosi astronauti su 12 possibili pianeti in grado di ospitare (forse) la vita. Cooper, malgrado le resistenze della piccola Murphy, accetta di mettersi a capo dell'ambiziosa spedizione che ha lo scopo di recuperare i preziosi dati sui nuovi pianeti.


Christopher Nolan è molto talentuoso. Basta dare un'occhiata alla sua filmografia che vanta titoli davvero ottimi e perfino qualche capolavoro. Il principale merito di Nolan è quella speciale attitudine ad unire elementi del classico blockbuster ad altri completamente diversi, da vero e proprio film “d'autore”. E questa è una capacità incredibile perché rende possibile realizzare film di forte richiamo sul grande pubblico pur riuscendo tuttavia a restituire un versione molto personale e, appunto, autoriale del lavoro dietro alla macchina da presa (e anche di quello in sceneggiatura, certo). In Interstellar questo talento è andato un po' perduto, perché si ha la sensazione di aver fatto il passo più lungo della gamba. A parte la giustificabile voglia di guardare a Kubrick, testimoniata banalmente ogni 5 minuti dagli echi di Also sprach Zarathustra e da altre trovate e soluzioni nel corso della pellicola - spesso comprensibili per quello che dovrebbe essere un fan di 2001 - ciò che più colpisce in negativo è la quantità eccessiva di argomenti tirati dentro nella storia. Si parla di buchi neri, agricoltura, genetica, filosofia, amore, tempo, quinte dimensioni, fantasmi, rapporto genitori-figli... Troppo, davvero troppo. Nasce il sospetto che Nolan avesse voglia di superare Gravity (e ci sarebbe voluto davvero molto poco, a livello di storia) e sapendo che la cosa sarebbe stata troppo difficile dal punto di vista tecnico abbia optato per affidarsi ad una sceneggiatura abbondante e infarcita del più vasto numero possibile di argomenti e suggestioni, in modo da compiacere un po' tutti. O forse nessuno, realmente. Perfino la regia non è che brilli particolarmente fino in fondo. Manca un guizzo, un'idea d'impatto. Apprezzabile il tentativo di cercare una presunta scientificità negli eventi trattati. Attori all'altezza, per carità, ma spesso costretti a recitare dialoghi evitabili, grotteschi o melensi. Insolito cameo a metà film. Musiche di Zimmer belle ma alla lunga pesanti!


Interstellar ha senza dubbio diviso parecchio. Di certo gli va riconosciuto il merito di trattare argomenti interessantissimi in termini accessibili. Parla in maniera efficace di relatività, almeno dal punto di vista cinematografico, e sfido lo spettatore più insensibile a non lasciarsi trasportare nella scena in cui Cooper guarda in video i messaggi che i figli gli hanno lasciato negli anni. Allo stesso tempo però resta una durata davvero eccessiva e ingiustificata, perché la cose sono spesso portate troppo per le lunghe. Davvero riuscite e spettacolari le scene dell'ingresso nel wormhole e quella sul pianeta d'acqua. Per il resto, si rimane imbarazzati dal “personaggio” del robot TARS, che pare il nipote scemo di HAL9000. Non si capisce come sia stato possibile inserire una cosa del genere visto che è ridicolo e toglie la credibilità in ogni scena in cui compare! E purtroppo la sua ingombrante presenza durerà molto, troppo! Da vedere nella ferma consapevolezza che c'è tanto di meglio, sia di Nolan che in generale. Comunque si fa vedere fino alla fine.