sabato 11 aprile 2015

RANGO - Gore Verbinski (2011)

Titolo originale: Rango
Regia: Gore Verbinski
Con: Johnny Deep, Isla Fisher, Ned Beatty, Bill Nighy, Alfred Molina
Durata: 111 min
Paese: USA       
Voto globale: ****
Voto categ. (anim.): **** 1/2


Un camaleonte domestico con la passione per il teatro viene scaraventato sul cocente asfalto di un'autostrada, nel bel mezzo del deserto, quando l'auto su cui viaggia sbanda e tutta la sua casa, una piccola teca di vetro, si rompe in mille pezzi. Incontra subito un misterioso e mistico armadillo che fa accenni ad un fantomatico “spirito del west” e gli indica una direzione in cui trovare una città, ad un giorno di cammino. Il camaleonte inizia a fare delle prime conoscenze in un mondo a lui decisamente ostile. Incontra Borlotta, un'iguana del deserto, che lo conduce alla disastrata cittadina di Polvere, da cui la gente scappa perché non c'è più acqua e senza acqua non c'è vita. I pochi che ancora si ostinano e restarci vivono nella speranza che un giorno il prezioso liquido tornerà. Il camaleonte, per farsi rispettare, si dà il nome di Rango e si finge uno spietato killer del vecchio west, ma ancora non sa che ben presto entrerà in faccende più grandi di lui.



Rango” è il film d'animazione che dovrebbero vedere tutti quelli che hanno pregiudizi nei confronti dei film d'animazione. Anche se sarebbe alla fine un controsenso perché “Rango” è un film d'animazione che allo stesso tempo cerca, e ci riesce, di essere qualcosa di più. “Rango” non è “Alla ricerca di Nemo” e questo lo si capisce già dai primissimi minuti. L'impressione è confermata per tutti i quasi 120 minuti di pellicola. Da dove cominciare? Stiamo parlando di una storia di per sé molto semplice e lineare, e se vogliamo senza nemmeno troppi colpi di scena. La vera forza di “Rango” è però un'altra. Innanzitutto sta nei personaggi. Dimenticate i personaggi aggraziati e volutamente simpatici cui i film d'animazioni di solito ci abituano. Qui ogni personaggio è brutto, sporco, inquietante... eppure proprio per questo irresistibile. Che sia un topo, un gatto, un serpente, una tartaruga, ognuno ha una personalità ben chiara e dei lineamenti comunque antropomorfi che non possono non suscitare immediato trasporto e simpatia. Una fotografia eccezionale e colori vividissimi. Musiche spettacolari di Hans Zimmer che spaziano tra vari generi possibile, con tanto di chitarre elettriche e mariachi gufi narratori della storia. Voce originale di Johnny Deep, degnamente resa dall'ottimo Nanni Baldini, sempre a proprio agio nel restituire la spontaneità di personaggi del genere. Il punto di forza di tutto il film è però la regia di Gore Verbinski. Ogni scena è studiata nel minimo dettaglio, ogni inquadratura è pensata in ogni possibile aspetto. Si rimane davvero sbalorditi da una così grande cura ed attenzione ed è senza dubbio necessaria più di una visione per cogliere tutta l'indiscussa meastria e il notevole lavoro che c'è dietro “Rango.”
 

Se fin dall'inizio lo spettatore avrà qualche dubbio sul tipo pubblico a cui il film è diretto, andando avanti nella visione tutto sarà più chiaro. “Rango” non è sicuramente un film per bambini, quantomeno per bambini molto piccoli. E forse questa è l'unica critica (in realtà non-critica) che mi sento di fare al film. In primis perché ci sono molte battute che di certo non verrebbero capite e che obbligherebbero ogni cinque minuti i genitori a dare delle spiegazioni, spesso imbarazzanti. In più per tutto il film, in tono però spesso scherzoso, si fa un costante riferimento alla morte, al cerchio della vita, a giochi di potere, ad elementi psicologici che potrebbero risultare davvero eccessivi per un bambino di sei anni che vuole semplicemente sporcarsi le mani con i popcorn in un sabato pomeriggio al cinema. Per tutti gli altri, resta invece un piccolo gioiello di animazione, ingiustamente sottovalutato e che regala continuamente scene divertenti, emozionati e di grande significato oltre a incessanti citazioni (dalle più ovvie di Leone e gli spaghetti western, alle più inaspettate, passando tra Kubrick, Zemeckis, Coppola, “Frankenstein Junior” e “Paura e delirio a Las Vegas!). Esilarante ed allo stesso tempo epica la rappresentazione dello spirito del west. Da conservare gelosamente nella propria videoteca.

LA TEORIA DEL TUTTO - James Marsh (2015)

Titolo originale: The Theory of Everything
Regia: James Marsh
Con: Eddie Redmayne, Felicity Jones, Emily Watson, Charlie Cox, David Thewlis
Durata: 123 min
Paese: UK         
Voto globale: ***
Voto categ. (biograph): *** 1/2

Stephen Hawking è un giovane cosmologo ed astrofisico dell'università di Cambridge. È il 1963 e ad un festa conosce Jane Wilde, studentessa di lettere decisamente lontana dalla speculazione scientifica. Nonostante le differenze culturali tra i due nasce qualcosa dopo aver trascorso insieme il ballo di primavera. La coppia diventa sempre più unita e Hawking avvicina a piccoli passi la ragazza al proprio mondo, rivelandole la propria ambizione: scoprire una semplice equazione in grado di sintetizzare tutti misteri sull'origine e sul destino dell'intero universo. Le cose si complicano quando a Stephen vieni diagnosticata una malattia del motoneurone che lo condanna ad una progressiva ed inesorabile immobilità. Lo scienzato continua a conseguire soddisfazioni nel lavoro e nella vita nonostante l'ngobrante presenza di un male terribile che non può lasciare indifferenti.

  
Film biografico su una figura molto nota. Sì perché anche se non a tutti saranno noti le teorie e gli apporti alla ricerca scientifica dovuti a Hawking, è molto improbabile che ci sia qualcuno che non abbia quantomeno sentito parlare del suo personaggio. Un personaggio che non può non suscitare grande stima ed ammirazione. Stima ed ammirazione che dovrebbero essergli garantite anche solo per il proprio lavoro svolto in oramai cinquant'anni di ricerca e che diventano incondizionate alla luce delle terribili condizioni fisiche che ha dovuto sopportare per gran parte della propria via. Detto questo il film è certamente interessante, visto che parliamo di un biografico su una persona ancora vivente al tempo della realizzazione e quindi avrà senza dubbio potuto essere al corrente della sceneggiatura ed eventualmente storcere il naso su qualche forzatura nel racconto della propria vita. Se poi si pensa che il film è in realtà un adattamento di “Verso l'infinito”, (Travelling to Infinity: My Life with Stephen) biografia di Jane Wilde, ex moglie di Hawking, ci si rende subito conto di assistere ad un reseconto abbastanza veriterio e sincero. Cosa di certo non sempre scontata in pellicole di questo tipo. “La teoria del Tutto” è stato uno dei film con il maggior numero di nomination agli Oscars 2015 e che però è riuscito ad accaparrarsi solo una statuetta grazie all'interpretazione di Eddie Redmayne. Effettivamente bravo e credibile in un ruolo solo in apparenza poco impegnativo. La storia appassiona un po' tutti, visto che la sceneggiatura punta ad aspetti molto comprensibili ed umani dei trascorsi di Hawking ed è senza dubbio facile restare affascinati dalle vicende e dai suoi protagonisti. Regia di James Marsh senza particolari momenti esaltanti, fotografia spesso azzeccata e musiche all'altezza.
 
 
A fine visione resta la sensazione di aver assistito ad un film che per forza di cose è un po' buonista. Ma allo stesso tempo ci si chiede: sarebbe potuto essere diverso? La risposta è no. No, perché stiamo parlando di una storia che negli aspetti essenziali è comunque vera, di vita vissuta realmente. Quindi non ci si può più di tanto porre questioni di questo genere. E anche quando il film risulta a tratti un po' troppo “zuccheroso”, si resta così, fermi ad accettare tutto quello che viene proposto, perché da giudicare c'è ben poco. Alcune critiche che potrebbero essere mosse sono il fatto di aver lasciato troppo sullo sfondo l'attività vera e propria di Hawking per favorire in tutto e per tutto gli aspetti più drammatici e aver posto l'accento quasi esclusivamente sui rapporti interpersonali con le persone della sua vita. Ma in fondo è giusto così. Tra la scene davvero accezzate, il malore a teatro e il primo tentativo di utilizzare la tabella con lettere colorate.