Titolo originale: Birdman or The Unexpected Virtue of Ignorance
Regia: Alejandro González Iñárritu
Con: Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton
Durata: 119 min
Paese: USA
Voto globale: ****
Voto categ. (Oscars): ****
Riggan Thompson è un ex divo del
cinema noto esclusivamente per il ruolo da lui interpretato per ben 3
film campioni di incassi, il supereroe Birdman. Ma Hoollywood è
mutevole, il successo effimero. A distanza di 20 anni dalla gloria
nasce nell'attore il desiderio di imporsi con le proprie forze,
svincolarsi dall'ingombrante passato e affermarsi come regista
teatrale a Broadway nell'adattamento di What We Talk About When We
Talk About Love di Raymond
Carver . Una vita familiare in costante crisi, problemi alle
prove con gli attori (bravi e non), l'ossessione di piacere ai
critici e di tornare in auge, la voglia di dimenticare il passato e
di essere ricordati per qualcos'altro, per il proprio talento e il
costante conflitto di Riggan, che continua a sentire dentro di sé la
voce della ragione: quella del suo alter ego Birdman.

Il tema della malinconia per il passato
in chiave “mondo dello spettacolo” non è certo roba nuova (es:
Viale del Tramonto). Così come le storie di ex stelle che riprovano
inutilmente a rimettersi in gioco, non capendo che il proprio tempo è
finito o semplicemente che non si dovrebbe cercare di essere ciò che
non si è. Ed è proprio questo che cerca di fare Riggan Thompson
(l'eccezionale Keaton) che tenta di reinventarsi come regista ed
attore teatrale intellettuale impegnato ma senza poter godere di
credibilità, con un handicap enorme come quello di essere stato un
divo di film di serie b. Iñárritu imbastisce un film che tecnicamente
è mostruoso. Una regia imbarazzante (in senso buono ovviamente, è
lo spettatore ad essere imbarazzato) e una fotografia azzeccata in
ogni angolo possibile della scenografia. Attori eccezionali dal primo
all'ultimo, ma non poteva essere altrimenti visto che parliamo di un
film al limite dal teatro filmato. E proprio qui sta la forza/limite
di Birdman. Per forza di cose è un film, e che film visto che
praticamente ogni fotogramma sprigiona una carica cinematografica di
rara potenza. Ma allo stesso tempo è un film che prescinde
totalmente dall'essenza del cinema: il montaggio, la suddivisione in
scene, inquadrature. In Birdman è tutto un flusso continuo. Il regista
si diverte a farci vedere di cosa è capace e ne ha tutte le ragioni: ammalia, diverte, impressiona, stizzisce ma non stanca.
Che dire, magari proprio un capolavoro
non è, ma ci manca davvero poco. Forse il tempo e qualche visione
ulteriore sapranno chiarire le idee. Di certo resta la sensazione
di avere assistito ad un film solido, con qualcosa da dire e detto
bene. Sicuramente uno dei film più particolari e significativi di
questi anni. Durata un filo troppo lunga. Superlativo Galifianakis.
Si resta compiaciuti dal fatto che un film (magari con un po' di
ipocrisia) molto anti “hollywoodiano” si sia imposto così
nettamente agli Oscar. Simpatiche le parti più “comiche”, anche
se non parliamo di comicità ma piuttosto di momenti buffi e
grotteschi in una storia ed atmosfera che di commedia ha comunque
poco. Belli pure i riferimenti a personaggi noti come Scorsese o
Woody Harrelson e al potere che può concedere un semplice video di
una celebrità che vaga in mutande a New York che diventa “viral”.
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