venerdì 19 giugno 2015

MIA MADRE - Nanni Moretti (2015)

Titolo originale: Mia Madre
Regia: Nanni Moretti
Con: Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Beatrice Mancini
Durata: 106 min
Paese: ITA    
Voto globale: ***
Voto categ. (Moretti): *** 



Due fratelli, Giovanni e Margherita, assistono la madre gravemente malata. Lei è una regista di impegno sociale ed è proprio nel bel mezzo delle riprese di un film sul dramma della perdita del lavoro che coinvolgerà anche un famoso ed eccentrico attore americano. La donna si è separata dal compagno e deve fare i conti anche con la figlia adolescente. Le cose precipitano quando i medici rendono chiaro ai due che le condizioni della madre sono irriversibili e che la morte è attesa a breve. Margherita inizia a vivere tutto in funzione del tragico ed inesorabile evento, tra sogni, pensieri confusi, i capricci dell'attore e la riflessione sul fatto di non sapersi relazionare fino in fondo con le persone che la circondano.


Un film strano. Come sempre, Moretti è probabilmente uno dei pochi registi in grado di realizzare film girati male, eppure molto belli. Si può senza dubbio partire col dire che questo non è il suo miglior film, ma forse non è nemmeno quello che ci si aspettava a questo punto. Mia Madre sembra riunire i vaneggiamenti e i pensieri metacinematografici di Sogni d'Oro con il dramma umano della morte di La stanza del figlio. Un'impresa che, solo a parlarne, sembrerebbe proibitiva ed in effetti il risultato non fa gridare al capolavoro. Ma non è nemmeno scarso. Moretti dimostra ancora una volta una indiscussa sensibilità e predisposizione nel raccontare storie del genere. Buono anche il tentativo di spezzare il ritmo compassato e l'inevitabile alone funereo con le scene di Turturro, vero mattatore di tutto il film nel film. Ma proprio questa che dovrebbe essere la forza di Mia Madre, potrebbe invece rivelarsi anche come punto debole e far scoprire il fianco a facili critiche. Una su tutte, quella di non essere né carne e né pesce e di svilire la parte drammatica. Apprezzabile la scelta di Moretti di interpretare un ruolo defilato, con una recitazione misurata e giusta, non rinunciando a quell'ironia che lo ha sempre contraddistinto e pur ricadendo comunque nella tentazione di rappresentarsi attraverso l'alter-ego di Margherita Buy che nei modi di fare e recitare la battute rieccheggia lo stile inconfondibile dell'attore/autore. La sceneggiatura regge e i dialoghi sono adeguati, regalando anche qualche momento divertente grazie soprattutto ad un Turturro allo stato brado e ad una Buy che tra una crisi di pianto ed un'altra riesce anche a farsi rispettare nel proprio lavoro sul set. Regia basilare ma efficace, come in ogni Moretti.


Mia Madre è un film che non convince pienamente soprattutto se paragonato all'intera filmografia di Moretti, che può vantare picchi di vera genialità, nonsense, filosofia, drammaticità e poetica. Purtroppo inferiore anche al recente Habemus Papam. Resta però, giudicato a sé, un film sincero in cui il regista rielabora a modo suo il lutto recente della madre e lo fa senza cercare la lacrima facile o di impietosire. Lo fa con delicatezza e garbo, ma forse con poca incisività. Su tutte spicca la scena della ricerca delle bollette a casa della madre, da cui il film inizia davvero ad ingranare, nonché i notevoli inframezzi evocativi e onirici, come la scena della passeggiata di Margherita a lato di una lunga fila per il cinema, in cui intravede se stessa. Non eccelso, ma si può vedere senza problemi.

venerdì 12 giugno 2015

HIGHWAYMEN - I BANDITI DELLA STRADA - Robert Harmon (2003)

Titolo originale: Highwaymen
Regia: Robert Harmon
Con: James Caviezel, Rhona Mitra, Colm Feore, Frankie Faison
Durata: 80 min
Paese: CAN    
Voto globale: **
Voto categ. (serial killer): ** 



Rennie Cray assiste al brutale assassinio di sua moglie, che viene investita all'improvviso da un pirata della strada. Passano 5 anni e l'autore dell'omicidio è in realtà un vero e proprio serial killer che viaggia per l'autostrade d'America causando incidenti e vittime. Due ragazze, Molly ed Alex vengono inseguite dalla misteriosa autovettura che le costringe ad un drammatico tamponamento in una galleria. L'auto ne uccide una e Rennie ne viene al corrente. Fa quindi la conoscenza di Molly, con cui scopre di avere molto in comune.


Innocuo film d'azione, con qualche buono spunto e molti difetti. Da considerare innanzitutto l'ingannevole sottotitolo italiano “I banditi della strada”, che lascia suggerire qualcosa di molto diverso da quello che poi ci ritroveremo a guardare. Difatti qua di banditi non è che ce ne siano molti, ma di sicuro non mancano inseguimenti, incidenti e affini. Si potrebbe affermare senza problemi che le vere protagoniste del film sono le auto, precisamente una Plymouth Barracuda del 1968 (quella di Ronnie) e una Cadillac Fleetwood Eldorado del 1872 (del serial killer Fargo). Tutto questo più che altro per la poca incisività degli attori, con un Jim Caviezel nella parte del vendicatore tormentato e la bella quanto inespressiva Rhona Mitra nelle vesti del personaggio col trauma da superare. La prima parte del film non promette male, certo, nonostante un incipit davvero accelerato, visto che l'evento scatenante di tutte le future vicende si consuma a bruciapelo nei primissimi minuti, prima di essere catapultati in avanti con la scritta “5 anni dopo”, accompagnata dalla voce fuori campo che ribadisce il concetto. Una regia per nulla da buttare, anzi, con qualche ripresa aerea che ricorda alla lontana quelle della famiglia Torrance in viaggio verso l'Overlook Hotel. Forse un po' troppo confusionaria nelle scene movimentate. Fotografia per certi versi buona. Ma ancora una volta, attori e una trama esile vanificano i discreti aspetti tecnici.


In partenza ci si sarebbe potuto aspettare bene altro da Highwaymen, che sulla carta si presenta quasi come un film a metà strada tra l'ottimo road thriller Duel di Spielberg e l'ormai classico horror Saw – L'enigmista, dato che anche qui abbiamo a che fare con uno psicopatico che comunica con i protagonisti (via radio). E invece ci troviamo di fronte ad un film che vorrebbe ma non riesce a colpire, grazie a scene spesso esagerate ed eccessive (l'auto letteralmente fatta saltare in aria e poi trascinata per chilometri, tra scintille e fiamme). In alcuni punti c'è la sensazione di deja vu con una puntata di Futurama. <<La macchina è il suo corpo. Fermi la macchina e fermi lui>> conferma Ronnie all'agente del dipartimento stradale Macklin, che avrà l'onore di essere inquadrato nell'ultimo e più stupido fotogramma del film.



venerdì 5 giugno 2015

LA BALLATA DI STROSZEK - Werner Herzog (1977)

Titolo originale: Stroszek
Regia: Werner Herzog
Con: Bruno Schleinstein, Eva Mattes, Clemens Scheitz
Durata: 115 min
Paese: GER      
Voto globale: ***
Voto categ. (USA life): **** 





Bruno Stroszek è un ungherese trapiantato in Germania. Dopo aver accumulato qualche problema con la giustizia per via del suo essere dedito all'alcool esce, a malincuore, di prigione e torna tra le strade di Berlino per ricominciare da capo. In un bar incontra una vecchia conoscenza, la prostituta Eva, maltrattata dai protettori. Bruno aiuta la ragazza e la invita a trasferirsi a casa sua, lasciatagli libera dal padrone Scheitz. Il vecchio Scheitz racconta ai due di suo nipote, un meccanico che vive e lavora nel Wisconsin. Bruno, Eva e Scheitz decidono di rifarsi una vita in America, senza considerare che il sogno americano non è per tutti.


Werner Herzog firma soggetto, sceneggiatura e regia di un film che altro non è che la parabola di uno sconfitto. Un personaggio non troppo gradevole (ma questo è dovuto alla poca credibilità dell'attore, che non è professionista e si vede perfettamente), ma con cui lo spettatore riesce comunque a stabile un qualche grado di empatia. Una storia abbastanza scarna e priva di particolari approfondimenti sui personaggi, che appaiono un po' abbozzati. Non manca pure qualche momento di troppo, anche se la visione non ne risulta tanto appesantita. La regia non è certo pulita e formale, alternando camera a mano e tagli di montaggio alle volte bruschi e netti. Decisamente meglio la parte “americana” rispetto a quella “tedesca”, vista qualche lungaggine di troppo e il poco interesse suscitato dai protettori di Eva. Convincente invece il personaggio di Scheitz, un vecchio ma ancora speranzoso signore che non ha nulla da perdere, ottimamente interpretato da Clemesn Scheitz, anche lui non professionsta eppure bravo. La ballata di Stroszek risulta riuscito più nelle immagini e nei simbolismi che nei dialoghi, magari anche penalizzati da un doppiaggio non sempre opportuno. Fotografia non eccelsa e musiche country a volte fastidiose, ma che contrastano bene con le situazioni proposte. Davvero molto bella e poetica la scena in ospedale con il bimbo prematuro, che si contrappone, con lo senno di poi, all'inevitabile destino dello sventurato Bruno. Grottesca e amara la scena dell'asta, comunque di grande impatto.


L'impressione è quella di aver assistito ad un film riuscito a metà. Resta molto apprezzabile l'aver descritto una storia di speranza e sconfitta, che distrugge letteralmente il mito del sogno americano. <<Lì in America tutti fanno fortuna, la faremo anche noi>> dice Eva a Bruno, non considerando che la fortuna non è per tutti. Troppo brusco e poco giustificato l'evoluzione del personaggio di Eva, fino ad una uscita di scena esagerata. Inteneriscono Scheitz e i suoi esperimenti sul magnetismo, mentre è proprio Bruno a lasciare spesso indifferenti. Buoni e agghiaccianti la cordialità e il cinismo del delegato della banca. Film da premiare nel messaggio e nei contenuti ma meno nella realizzazione. Si può vedere senza problemi comunque, a patto di essere consapevoli dell'alto potere depressivo del film.