venerdì 29 maggio 2015

ESSI VIVONO - John Carpenter (1988)

Titolo originale: They Live
Regia: John Carpenter
Con: Roddy Piper, Keith David, Meg Foster, George Flower, Peter Jason
Durata: 93 min
Paese: USA      
Voto globale: ****
Voto categ. (sci-fi): *** 1/2




Un disoccupato vagabondo, John Nada, arriva a Los Angeles cercando disperatamente un qualsiasi tipo di lavoro. Fin da subito si accorge della presenza di predicatori che mettono in guardia da presunte forze oscure che dominerebbero gli uomini. Trova un impiego in un cantiere ed un alloggio in una baraccopoli grazie ad un amico che lavora con lui, Frank. Una notte John nota che in una chiesa vicina c'è uno strano movimento a notte tarda. Il luogo è infatti una base di un segreto gruppo di individui che ha preso coscienza di una triste verità: l'uomo è in realtà schiavo di esseri orrendi che vivono, mangiano e dormono come tutti quanti gli altri e che manipolano il pensiero e i comportamenti delle persone grazie alle tv e ai mezzi di informazione in genere.


John Carpenter, dopo l'affermazione negli anni '70, arriva dal non indifferente insuccesso commerciale di Grosso Guaio a Chinatown, snobbato sia da pubblico che da critica. Il flop lo mette ai margini dell'industria e i finanziamenti diventano sempre più difficili da ottenere. Nonostante il momento critico Carpenter strappa un contratto con la Universal e firma un serie di film tra cui spicca appunto Essi Vivono, che per quanto non venne mai considerato un capolavoro, resta un'opera interessantissima e ben riuscita. Di sicuro sempre affascinante è l'idea della realtà celata nella finta realtà che si crede vera (con molti anni di anticipo su Matrix). John Nada, interpretato degnamente dall'ex wrestler Roddy Piper, diventa un vero e proprio eroe inconsapevole che combatte, e non potrebbe fare altrimenti, contro un nemico che pare ben insediato nella società moderna. Davvero spettacolare la scena della “rivelazione”, cioè il momento in cui Nada indossa per la prima volta gli occhiali (ottima trovata) che permettono di vedere il mondo per come è realmente. I messaggi pubblicitari sono in verità inquietanti slogan che inducono alla sottomissione, alla soppressione dell'immaginazione, all'acquisto facile e perfino al matrimonio e alla riproduzione! Grande inizio con l'arrivo di Nada in una Los Angeles piena di squilibri sociali (anche se il retro copertina del dvd riporta inspiegabilmente che il film è ambientato a New York), le prime avvisaglie del nemico, le parole dei predicatori, la scoperta degli occhiali e il finale. Un finale che lascia l'amaro in bocca e che allo stesso tempo dà speranza. Inoltre qui è possibile assistere alla scazzottata più assurda e delirante della storia del cinema. Carpenter dietro la macchina da presa ci sa fare e si vede. Un plauso va anche al direttore della fotografia Gary Kibbe, che illuminò con pochissima luce a disposizione scene spesso girate di notte.



Un film che potrebbe, e forse lo è già, essere il punto di riferimento di qualunque amante dei complotti. Difatti qui c'è un po' di tutto tra messaggi subliminali, alieni, controllo mentale, segreti governativi e molto altro. Ma a mio avviso l'intento di Carpenter era un altro. Essi Vivono non è banalmente un film complottaro ma è un film che si propone l'obiettivo di provocare una riflessione sul mondo in cui viviamo e l'innegabile facilità come il nostro modo di pensare, le nostre abitudini e i nostri comportamenti siano influenzabili a scopi commerciali, per non dire peggiori. Stiamo parlando di un cult da vedere. Certo, resta qualche piccola ingenuità e qualche dialogo sopra le righe, ma il dito medio di John Nada vale più di mille parole.

mercoledì 27 maggio 2015

YOUTH - LA GIOVINEZZA - Paolo Sorrentino (2015)

Titolo originale: La Giovinezza
Regia: Paolo Sorrentino
Con: Michael Caine, Harvey Keitel, Paul Dano, Rachel Weisz, Jane Fonda
Durata: 118 min
Paese: ITA, FRA, SWI, UK     
Voto globale: ****
Voto categ. (Sorrentino): ****



Fred e Mick, due amici di lunghissima data, direttore d'orchestra affermato il primo e stimato regista il secondo, trascorrono una breve vacanza in un hotel di lusso in Svizzera, in mezzo alle alpi e a tanto verde. Fred è totalmente apatico e riluttante a qualsiasi tentativo di riprendere in mano la propria attività artistica, anche quando a chiederglielo è addirittura la regina d'Inghilterra. Mick invece è entusiasta e pieno di idee per il suo prossimo ed ultimo film, “L'ultimo giorno della vita”, che si annuncia come il proprio testamento artistico. Nel mezzo, un giovane attore capace ma in cerca di se stesso, un Maradona appesantito ma sempre talentuoso, una miss Universo che stupida non è, coppie misteriosamente silenziose e tanti personaggi curiosi che si aggirano presso lo Schatzalp Hotel.


Dopo il meritatissimo e mai troppo sottolineato exploit de La Grande Bellezza Paolo Sorrentino torna nelle sale esattamente a due anni di distanza, con un film che prima delle riprese definì <<piccolo>>. E Youth è infatti un piccolo film, non nella realizzazione e nei contenuti, ma solo per le ambientazioni e i tempi concentrati, se messo a paragone con la continua eterogeneità della Roma e dei ricordi di Jep Gambardella. Un piccolo film che è di certo un'evoluzione e un passo avanti nello stile e nella cifra stilistica di Sorrentino, che oramai si consolida ed è riconoscibile a tutti. Parliamoci chiaro, attualmente non esiste in Europa, e forse anche oltre, qualcuno con la stessa padronanza e consapevolezza del mezzo, e questa è una verità che sono costretti ad accettare anche i detrattori più appassionati. Allo stesso tempo Youth è un film che delude per certi versi, perché non è, a differenza di buona parte dei precedenti titoli del regista, un film “completo” e “totale”. Si avverte una certa mancanza, qualcosa che non c'è, come una maggiore attenzione al rapporto tra i due vecchi amici oppure all'evoluzione dei personaggi nel corso degli eventi, che sì si avverte, ma avrebbe meritato più rilievo. Dal punto di vista tecnico e visivo inutile dire che qua raggiungiamo vette altissime e Sorrentino in regia – spesso più pacata e riflessiva che mai – e Luca Bigazzi alla luci riuscirebbero a rendere interessante, affascintante e poetico anche un cartello stradale mezzo cadente. 



Il merito del film è quello di restare in testa a distanza di giorni e di lasciare la sensazione, pur non avendolo apprezzato in toto, di aver assistito al cinema puro. Questo perché con Sorrentino prima che di un film si può parlare di esperienza. Eppure con Youth, la frammentarietà narrativa e le suggestioni visive e musicali per quanto in gran parte azzeccate potrebbero fornire l'assist perfetto a chi, senza colpa, non riesce a capire la classe dell'autore napoletano. Youth non è il miglior film di Sorrentino ma è ugualmente in grado di sovrastare la quasi totalità delle attuali produzioni italiane ed estere. Riesce alla grande la direzione di un super cast internazionale, con il passivo Caine (in realtà qui non proprio eccezionale), un ottimo e simpatico Keitel, un bravissimo Paul Dano, una molto buona anche se superflua Rachel Weisz e una straordinaria Jane Fonda che con due sole apparizioni ruba la scena a tutti. Sfido a non definire imbarazzante la “direzione delle mucche.” Paloma Faith... ah, vedere per credere. Un film dedicato a Rosi, ma che personalmente avrei azzardato dedicato a Monicelli. 


Che cos'è la giovinezza? Il titolo potrebbe apparire in realtà ironico rispetto a ciò che è mostrato, ma magari la giovinezza è il pur minimo desiderio di svegliarsi dall'apatia, o più semplicemente una ragazza con le trecce che si diverte a giocare a Just Dance. Come ogni Sorrentino, merita e necessita triple e quadruple visioni e questo fa capire quanto questa recensione sia incompleta e provvisoria.

giovedì 21 maggio 2015

STALKER - Andrej Tarkovskij (1979)

Titolo originale: Сталкер
Regia: Andrej Tarkovskij
Con: Aleksandr Kajdanovskij, Anatolij Solonicyn, Nikolaj Grin'ko, Alisa Frejndlikh, Natasha Abramova 
Durata: 163 min
Paese: URRS, GER EST      
Voto globale: ***** !
Voto categ. (fantasc.): ***** !


In un mondo spento e monocromatico esiste un luogo inaccessibile, recintato e sorvegliato dai militari, la Zona, in cui anni prima pare sia caduto un meteorite e in cui le cose sembrano andare in modo diverso. Ci sono colori, le vegetazione è rigogliosa, la natura regna incontrastata. La Zona è un'area vitale e pericolosa per l'uomo incosciente, ma è benevolente con gli ultimi, gli infelici, quelli che non hanno più nulla da perdere. Sembra inoltre ci sia, nella Zona, una speciale stanza in cui è possibile entrare, chiedere qualunque desiderio ed ottenerlo. Uno Stalker, una guida che si occupa di portare clandestinamente gente al di là delle recensioni e condurla nella Zona parte insieme ad un professore di fisica e ad uno scrittore.


Premetto già da ora che questa sarà forse la recensione più superficiale del blog, ma il fatto è che ci sarebbe troppo da dire. Tratto da Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Strugackij, Stalker è un capolavoro di Andrej Tarkovskij, un film che allo stesso tempo riesce ad essere bello, criptico eppure per molti versi molto chiaro ed esplicito. Dopo un incipit molto compassato, con la presentazione del personaggio dello Stalker e della sua famiglia, veniamo subito introdotti al tema della Zona, che nel film è un posto reale e fisico ma che potrebbe benissimo essere considerato un luogo simbolico ed immaginario, per certi versi mentale. Azzeccatissima la scelta dei personaggi: un fisico, quindi un uomo di scienza che ha per forza di cose il pallino della ricerca della verità ad ogni costo e uno scrittore senza più ispirazione, un uomo che crea arte e rifugge dalla verità, perché è mutevole e mai coerente con se stessa. Tra loro vi è lo Stalker, probabilmente la figura più complessa. Un uomo che vive il proprio lavoro come una condanna, una condanna però piacevole dato che per egli ogni luogo è una prigione ed è solo nella Zona che riesce a trovare quegli attimi di felicità e pace che non troverebbe mai nel mondo. Stupenda la riflessione sul fatto che è ciò che desideriamo realmente (ed incosciamente) e non ciò che sbandieriamo viene realizzato dalla Zona. Come tutti i film di Tarkovskij fondamentale è il rapporto con la natura (il regista lavorò come geologo), che appare come vera costante protagonista grazie a degli scorci suggestivi e bellissimi che accompagnano il film. Il vero elemento chiave però è l'acqua: cascate, fiumi, piccoli stagni, pioggia. Acqua ovunque. Fotografia a livelli altissimi ed una regia che non può che essere definita eccezionale, forse una delle cose più belle che si possa vedere. Davvero.


Stalker sembra un film che vuole prima di tutto mettere alla prova lo spettatore, visto che la visione non è sicuramente una delle più facili ed agevoli. Le oltre due ore si sentono tutte, ma non affatto per la pesantezza della pellicola! La durata si avverte in senso positivo, perché ogni singola inquadratura non è mai sprecata, c'è sempre qualche significato più o meno accessibile che meriterebbe di essere approfondito nel dettaglio. Eccellenti i dialoghi dei tre, su cui spiccano le polemiche tra lo scrittore e il professore, nonché i monologhi dello Stalker. Finale incredibile con due personaggi in apparenza minori, ma che in realtà potrebbero essere la vera chiave del film: la moglie e soprattutto la figlia dello Stalker. L'ultima scena fa rimanere abbastanza a bocca aperta. Tarkovskij dichiarava di cadere <<in uno stato di rabbia e disperazione>> a sentire la domanda <<Cos'è la Zona?>>. Il regista russo rispondeva che <<La Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l'uomo si spezza o resiste>>.

venerdì 15 maggio 2015

SANTA SANGRE - Alejandro Jorodowsky (1989)

Titolo originale: Santa Sangre
Regia: Alejandro Jorodowsky
Con: Cristobal Jorodowsky, Blanca Guerra, Guy Stockwell, Thelma Tixou, Adan Jorodowsky
Durata: 123 min
Paese: MES, ITA      
Voto globale: ***
Voto categ. (surreale): *** 1/2



Fenix è un bambino prestigiatore che vive con il padre, un omaccione grande e grosso con qualche tratto effemminato che è poi il direttore del circo in cui si esibisce, e la madre, una specie di sacerdotessa di un culto non risconosciuto che venera una ragazza che anni prima venne violentata e alla quale tagliarono le braccia. Un giorno le autorità decidono di radere al suolo la chiesa, dove tra l'altro è custodito il “santa sangre”, il sangue santo, con ferma e determinata opposizione della madre del piccolo. Di lì a poco la donna scopre il marito intento a tradirla e lei sfigura lui e l'altra donna con dell'acido, mentre il marito si vendica amputandole le braccia proprio come accadde alla ragazza del culto. Fenix rimane per sempre traumatizzato e finisce in una comunità di recupero in cui assume atteggiamenti animaleschi.


Jorodowsky è (almeno stando a Wikipedia), prima che regista cinematografico, scrittore, fumettista, saggista, drammaturgo, tarologo e poeta! Già da questo si dovrebbe capire senza problemi che nei suoi film è facile ritrovare diverse e varie confluenze, visto che possiamo definire l'autore cileno un artista a tutto tondo. Un artista anche un po' folle, in senso positivo, ovvio. Dopo il western metafisico de El Topo (capolavoro senza sé e senza ma) e l'allucinato La Montagna Sacra (altro flmone senza dubbio), Jorodowky ritorna questa volta con quello che potremmo definire a tutti gli effetti un... horror/thriller. E addirittura slasher, visto che le morti, gli accoltellamenti e il sangue non mancano di certo. Il film alterna momenti più riconoscibili del regista cileno (basti pensare alla scena del funerale dell'elefante o quelle delle “allucinazioni”) ad altri che meno assoceremmo all'autore, tra cui spiccano le scene degli omicidi, che ricordano più i film di Dario Argento (e il film è prodotto dal fratello Claudio) che le opere precedenti di Jorodowky. E c'è da dire che queste scene sono forse le meno riuscite del film. Per il resto la pellicola viaggia a fasi intermittenti, con più di un momento di noia riscattato però da quegli inframezzi surreali e strambi che caratterizzano la filmografia del regista. Una regia non proprio eccellente e una fotografia che gioca molto sui colori, con uno su tutti: il rosso, chiaramente. Musiche a volte forzate.


Convince a metà questa produzione italo-messicana di fine anni '80. Per carità Jorodowsky è un regista per molti versi geniale e anche in Santa Sangre il talento del cileno si fa sentire. D'altra parte non si può tacere il fatto che questa contaminazione tra drammatico e horror risulta un po' impacciata, visto che la tensione latita a favore del grottesco. Per il resto si assiste ad un interessante ritratto psicologico di Fenix (intepretato da Cristobal Jorodowsky, figlio di Alejandro), che metabolizza il trauma subito alla propria maniera, di certo non indolore. Ottimo anche il ritratto del rapporto "gestuale" con la madre Concha, che a più di uno spettatore ricorderà Psyco. Molto bello anche il personaggio della ragazza sordomuta, forse unica vera amica del protagonista e simbolo di speranza nella storia. Si ammira la capacità del regista di rendere poetico ciò che in mani d'altri sarebbe solo trash, ma resta una visione non per tutti. Finale notevole e che fa tutto sommato rivalutare in positivo il film!

mercoledì 6 maggio 2015

EFFETTO NOTTE - François Truffaut (1973)

Titolo originale: La Nuit Américaine
Regia: François Truffaut  
Con: Jacqueline Bisset, Jean-Pierre Léaud, Valentina Cortese, Jean-Pierre Aumont
Durata: 115 min
Paese: FRA, ITA     
Voto globale: *****
Voto categ. (cinema): *****!


A Nizza negli studi La Victorine una troupe cinematografica gira il film sentimentale e tragico Je vous présente Pamela (Vi presento Pamela), la storia di un giovane francese che sposa una ragazza inglese e la presenta ai genitori. Pamela però finisce per innamorarsi del padre di lui, dandosi ad una fuga senza rimorsi. Sul set giorno dopo giorno si alternano i problemi e dinamiche personali del cast e dei tecnici, che seguono di pari passo e spesso si incrociano e confondono con la trama del film. C'è il regista Ferrand (Truffaut) pragmatico ed appassionato, il divo Alexandre, l'infantile Alphonse, la stella Julie e la vecchia diva in declino Séverine. La lavorazione parte sotto i migliori auspici, ma realizzare un film può costare sacrifici impensabili.


L'effetto notte è quella tecnica che permette di girare una scena di giorno e farla apparire invece “notturna”, come se fosse stata girata di sera, grazie all'apposizione di un filtro blu davanti all'obiettivo. Praticamente una esemplificazione bella e buona del cinema: finzione. Come fa notare la moglie del direttore di produzione <<Ma cos'è questo cinema? Cos'è questo mestiere in cui tutti fanno l'amore con tutti? In cui tutti quanti si danno del tu? In cui tutti fingono?>>. E Truffaut mette in scena nient'altro che fragilità, ipocrisie ma anche virtù di un gruppo di lavoro alle prese con un mestiere per nulla ordinario. Un mestiere che ti fa guardare con occhio diverso un semplice vaso di un hotel per il solo fatto che potrebbe andare bene collocato in una data scena. Vi presento Pamela procede a singhiozzi tra scene da rigirare a causa di imprevisti, gatti che non recitano bene, attrici che non dovrebbero essere incinte, battute che non sono ancora state scritte, attrici con crisi di nervi. Parallelamente alla lavorazione del film, spicca la tormentata storia di Alphonse, giovane attore di talento che soffre per via di una ragazza un po' troppo disinibita, <<Se recito male è colpa tua>>. Poi ci sono Séverine (la straordinaria Valentina Cortese) ed Alexandre, alcoolizzata e senza memoria la prima, eterno seduttore con un segreto particolare il secondo. C'è Julie, attrice figlia d'arte con un esaurimento nervoso e un film mollato di punto in bianco alle spalle. Per finire troviamo Ferrand, un regista artigiano, ambizioso ma consapevole dei propri limiti, che prova semplicemente a fare il proprio lavoro al meglio, per quanto possibile.


Effetto Notte può essere senza dubbio considerato IL film sul cinema. Metacinematografico fin dai titoli di testa, ha il merito di introdurre con intelligenza pian piano tutte le figure chiave del lavoro sul set e le proprie mansioni: regista, direttore della fotografia, aiuto, assistente, operatore, fonico, attrezzista... Per ognuna di queste figure c'è dietro un personaggio eccentrico, risoluto, professionale o spietato. Truffaut gira un film nel film certamente molto autoreferenziale eppure bellissimo e che senza dubbio potrà essere apprezzato da qualunque tipo di spettatore. Ottime regia e fotografia, montaggio notevole e colonna sonora eccezionale per il miglior film straniero agli Oscar del 1974. Colpisce la differenza che viene tracciata tra attori e troupe, con i primi pieni di risvolti psicologici ed una considerazione quasi mistica del proprio lavoro ed i secondi, quasi degli artigiani tuttofare, che sudano e si alzano presto per preparare la scena del giorno successivo.

sabato 2 maggio 2015

LA SCALA A CHIOCCIOLA - Robert Siodmak (1945)

Titolo originale: The Spiral Staircase
Regia: Robert Siodmak
Con: Dorothy McGuire, George Brent, Ethel Barrymore, Kent Smith, Rhonda Fleming
Durata: 83 min
Paese: USA      
Voto globale: *** 1/2
Voto categ. (thriller): ****


In una cittadina del New England un serial killer sceglie le proprie vittime in base ad una caratteristica precisa: sono giovani donne ed hanno tutte un qualche difetto fisico. L'ultima delle vittime viene ritrovata in una camera d'albergo mentre al piano inferiore è in corso la proiezione di un film. Si teme quindi per Elena, affetta da mutismo psicologico, che lavora come cameriera a casa dei Warren. Intanto le indagini della polizia coinvolgono anche i membri della casa: il professor Warren, il fratellastro e la vecchia matrigna malata. Fuori si scatena un temporale ed Elena diventa prigioniera dell'opprimente villa, mentre ci si interroga su quando il killer colpirà di nuovo.



Un bel misto tra noir, horror e thriller firmato da Siodmak, in questa che è considerata la sua opera più compiuta. Il film ha davvero tanti spunti interessanti e riesce ad alternare ottimamente tensione ad inaspettati momenti più leggeri, grazie all'ironia di qualche personaggio. Protagoniste assolute sono la villa, enorme e maestosa, piena di anfratti, luoghi bui, dalla camera della madre malata fino alla sinistra cantina ed Elena, la brava Dorothy Mcguire, in un ruolo abbastanza difficile. Molto risalto è dato fin dall'inizio alla componente “impotenza”, nello spefico il mutismo, che ci viene introdotto dalla scena iniziale, quella della proiezione del film, muto appunto, e dal personaggio di Elena, resa quindi vulnerabile e vittima ideale del killer che si aggira attorno alla villa. La regia è elegante, così come la fotografia, in realtà normale per maggior parte del film e davvero suberba solo in alcuni punti (scena in cantina e quella, che dà il titolo al film, sulla scala), ancora figlia dell'espressionismo e noir a tutti gli effeti. Inoltre bisogna considerare che la pellicola è del 1945, ben in anticipo su molte cose. Si può senza dubbio affermare che La scala a chiocciola abbia non solo introdotto al cinema la figura del serial killer (anche se mancano le canoniche indagini della polizia, qui solo abbozzate) ma soprattutto il mito “della casa”, cioè il film horror/thriller che si svolge in modo angosciante ed opprimente con pochi ambigui personaggi nello stesso lugubre luogo.



Alcuni hanno attribuito alla scelta di un serial killer che prende di mira i difetti fisici una voglia di “redenzione” da parte del tedesco Siodmak, quasi a chiedere perdono per l'ancora viva follia nazista. Una tesi che non mi sento di confermare, ma che è senza dubbio suggestiva. Molto interessante la figura della madre malata, ferma nel proprio letto eppure sempre vigile e attenta ad ogni movimento che accade in villa. Si resta trasportati da Elena ed è naturale l'immedesimazione nei suoi confronti. Certo qualche difetto c'è, tra cui il fatto che il killer non sia impossibile da scovare fin da subito, il che può togliere tensione. Tra i doppiatori anche Sordi. Da vedere per l'importanza storica.